Articolo in italiano di Cristina Belli
“Io ho ancora le allucinazioni, vedo puntini volare dappertutto: sul mio vestito, sul pavimento, sul soffitto… E li dipingo”. (Yayoi Kusama)
Kusama è un originale e visionaria artista giapponese, tuttora vivente. Si è cimentata in ogni tipo di creazione artistica: dipinti, sculture, installazioni, design di abbigliamento e molto altro… Tutto ricoperto di puntini!
Nasce nel 1929 a Matsumoto , quarta figlia di una famiglia benestante di commercianti, che vendono fiori in tutto il Giappone. Fin da giovanissima soffre di gravi allucinazioni: un giorno, a dieci anni, siede in campagna col suo album da disegno e i fiori iniziano a parlarle, terrorizzandola letteralmente. E’ la prima di una lunga serie di allucinazioni visive e sonore, che cerca di esorcizzare rappresentandole nelle sue opere. Alla malattia mentale, che la accompagna tutta la vita, si aggiunge il difficile rapporto con la madre e i traumi per le numerose infedeltà del padre. La sua infanzia è piuttosto infelice: la madre la manda a spiare il padre “traditore” e Kusama deve poi riferire cosa ha visto. Da qui derivano il suo rifiuto per il corpo maschile e le sue difficoltà di relazione. La sua arte diventa un modo per fuggire dalla famiglia, dall’ ansia, dalla depressione e dalle allucinazioni. La madre non incoraggia la figlia a dipingere, anzi le toglie tele e colori e le dice che dovrà sposarsi con un uomo ricco ed essere una casalinga. La sua storia artistica e umana è quindi una storia di lotta e di riscatto.
Quando ha tredici anni viene mandata a lavorare in una fabbrica di paracaduti militari, per l’esercito giapponese. Siamo nella seconda guerra mondiale e di quegli anni Kusama ricorderà il rumore degli aerei americani nel cielo e il suono delle sirene. Successivamente si interessa all’arte giapponese, ma presto se ne discosta, appassionandosi invece alle avanguardie europee e americane. Negli anni ‘50 tiene alcune mostre in Giappone, ma la svolta avviene quando inizia una corrispondenza con l’artista Giorgia O’ Keeffe, che la spinge a trasferirsi negli Usa. Teneramente, le scrive: “Cara signora O’Keeffe, sono ai primi passi della difficili vita di una pittrice, mi mostrerebbe il cammino?”. Arriva in America a ventisette anni con pochi soldi e sessanta kimono di seta, che intende vendere per sopravvivere i primi tempi. L’ambiente artistico newyorkese non è così facile, in quanto fortemente maschilista e competitivo. Qui dipinge da mattina a sera, dedicandosi solo alla sua arte, tanto che finisce in ospedale diverse volte a causa di esaurimenti nervosi, causati dal super lavoro. E’ un periodo di povertà e di frustrazione. Durante il soggiorno a New York Kusama intreccia una breve relazione con l’artista Donald Judd e successivamente un’altra appassionata, ma platonica, con il surrealista Joseph Cornell.
La malattia mentale però non le dà tregua, infatti tenta anche il suicidio e nel 1973 torna in Giappone. Dal 1977 va a vivere volontariamente in un istituto per malattie mentali, ma possiede anche uno studio, a Tokyo, dove tuttora lavora seguita dai suoi assistenti, continuando a rappresentare le sue ossessioni.
Nel 1993 il suo valore è stato riconosciuto ufficialmente alla Biennale di Venezia e oggi è considerata una delle migliori artiste contemporanee e l’artista più pagata al mondo. Nel 2017 le è stato dedicato un museo in un edificio a cinque piani, a Tokyo. Ormai è così iconica e famosa che negli anni Duemila ha creato portacellulari decorati con i famosi pois (per la compagnia telefonica giapponese KDDI), ha griffato una collezione di lucidalabbra per Lancome e ha collaborato a creare una linea di oggetti, per Louis Vuitton.
Come spiegare la complessità della sua arte? Vediamo di addentrarci in alcuni elementi ricorrenti,quali i pois che l’hanno resa celebre (e che sono un po’ il suo marchio di fabbrica), ma anche fiori, zucche e i soggetti legati alla sessualità. Ognuno di questi elementi non ha una genesi casuale, ma si lega alle ossessioni, alle allucinazioni e alle paure che l’artista sperimenta nella propria mente e che prova a superare, dipingendole. Ad esempio, le rappresentazioni falliche (le cosiddette “soft scultures”) originano dalla storia familiare di Kusama: madre fortemente repressiva e padre libertino, che ingenerano nella bambina il tabù della sessualità. I puntini o i pois, invece, derivano da una fascinazione infantile per le pietre bianche e lisce, che coprivano il letto di un fiume vicino casa; nella sue mente erano puntini che coprivano la terra. Le sue magiche creazioni nascono comunque senza fare prove, ma in modo istantaneo: “le idee mi vengono velocemente” dice “le mie tele non mi stanno dietro”. Anche la zucca è un altro motivo tipico: da piccola le sembrò che una zucca le parlasse, diventando della grandezza della testa di un uomo; corse a casa a disegnarla e quel disegno vinse un premio. In ultimo, come non accennare alle tele immense, grandi anche nove metri, chiamate le “infinity nets” che vengono direttamente dalle sue allucinazioni e che porteranno l’artista ad infrangere i confini dello spazio. Le sue opere escono dalla tela e invadono lo spazio circostante: le sue creazioni diventano allora installazioni vere e proprie, in cui lo spettatore può entrare (“le infinity rooms”).
Speriamo di avervi incuriosito e avervi trasmesso una scintilla della poesia nell’arte di questa eccentrica e incantevole combattente.
Per chi volesse saperne di più:
https://www.youtube.com/watch?v=rRZR3nsiIeA&ab_channel=Tate
https://www.youtube.com/watch?v=gOywts6DNPU&ab_channel=AssociazioneOchacaff%C3%A8
https://www.youtube.com/watch?v=e3lhuSsxhnY&ab_channel=mikeityike
E infine la sua autobiografia:
Yayoi Kusama “Infinity Net- La mia autobiografia”, Johan&Levi