Articolo in italiano di Alessio Martellotti
foto di Alessio Martellotti
L’abbazia San Salvatore dà il nome al (quasi omonimo) borgo senese di Abbadia San Salvatore sul Monte Amiata e ha origini antichissime: fu fondata nel 743 d.C. per volontà dei re longobardi Astolfo e Ratchis, nobili del Friuli, nel luogo dove quest’ultimo – come narra la leggenda – vide apparire, durante una battuta di caccia, la figura di Cristo sopra un abete bianco.
L’edificazione dell’attuale chiesa iniziò nei primi decenni dell’anno 1000 sotto la guida dell’abate tedesco Winizzo e si concluse nel 1035. Consacrata nel 1036 (anno di morte di Winizzo) ebbe grande sviluppo in epoca carolingia, quando contava ben 100 monaci ed era un’importante tappa di pellegrinaggio sulla Via Francigena. La facciata della chiesa si rifà allo stile “Westwerk”: prospetto a capanna molto slanciato con due torri laterali; motivo dell’architettura sacra carolingia e ottoniana. Fu Abbazia imperiale e benedettina e tenne nel corso dei secoli stretti rapporti con il mondo germanico, sembra – tra l’altro – che il toponimo Amiata derivi dal termine teutonico “Heimat” (Patria).
Nel 1228 l’abbazia passò all’ordine cistercense di Cateaux che favorì lo sviluppo agricolo e commerciale del luogo: tra il 1100 e il 1200 sorse così il popoloso centro medievale di Abbadia San Salvatore che contava nel 1348, ben 2500 abitanti.
La fase dei primi anni del XVII secolo vide, sotto l’abate Rocca, la ricostruzione del chiostro e la trasformazione della chiesa in chiave barocca. L’Abbazia prosperò fino al 1782 quando, la chiesa fu soppressa e ridotta al rango di semplice parrocchia.
Nel transetto vi sono due piccole Cappelle intitolate rispettivamente alla Madonna della Pieve (nel braccio sinistro) e al Santissimo Salvatore (nel braccio destro) entrambe con pregevoli affreschi del pittore Francesco Nasini databili attorno alla metà del Seicento.
La caratteristica di maggior interesse di questa grandiosa Abbazia è senz’altro la sua ampia e bellissima cripta longobarda con ben trentadue colonne portanti ed altrettanti capitelli (tutti diversi fra loro) di cui venticinque originali. La forza evocativa dell’ambiente è peraltro ora ottimamente enfatizzata dal nuovo “recente” impianto illuminotecnico. Va infine doverosamente segnalato che questa abbazia ha custodito per quasi mille anni il “Codex Amiatinus” ovvero, una delle più antiche versioni in latino della Bibbia conosciuta e redatta da Sofronio Eusebio Girolamo, oggi conservata presso la biblioteca Mediceo Laurenziana di Firenze.
Nel complesso dell’Abbazia vi è inoltre la “Casa del Pellegrino” e il ricchissimo Museo di Arte Sacra, mentre più a monte, poco fuori dal borgo antico sorge il villaggio minerario del Monte Amiata con l’attiguo stupefacente Museo Minerario già recensito nel nostro blog nel dicembre del 2020.