PIRELLONE MILANO

PIRELLONE MILANO

Articolo in italiano / di Alessio Martellotti
foto di Alessio Martellotti 

È sicuramente il grattacielo più famoso di Milano: simbolo del boom economico italiano, palazzo Pirelli fu fondato dai famosi – omonimi – industriali il 12 luglio 1956 (posa ufficiale della prima pietra) e ultimato nel 1960. Nel 1978 fu acquistato dalla Regione Lombardia che ne è tuttora proprietaria.

Realizzato su progetto architettonico del grande Gio Ponti, che diresse anche tutte le fasi edificatorie; l’edificio, con il suo agile skyline, divenne subito una preziosa icona del capoluogo lombardo.

A tutt’oggi, incarna un magistrale esempio delle potenzialità applicative del calcestruzzo armato, in ambito strutturale, sugli edifici a torre. L’assetto della struttura venne curato da Giuseppe Valtolina, in collaborazione con i consulenti Pier Luigi Nervi, Piero Locatelli, Guglielmo Meardi e Arturo Danusso. Il ruolo di Nervi fu determinante nella progettazione di una struttura che, per il suo ridotto rapporto larghezza/altezza, è particolarmente soggetta alle spinte orizzontali; venne adottato pertanto, uno schema strutturale composto da setti rigidi triangolari alle estremità, pilastri cavi, e quattro grandi pilastri-parete centrali in calcestruzzo armato. È un’opera architettonica di grande importanza, caposaldo del “Razionalismo italiano”; con i suoi (oltre) 127 metri di altezza, distribuiti su 31 piani fuori terra, più altri 2 sotterranei, è ancora uno degli edifici in calcestruzzo armato più imponenti al mondo.

La realizzazione venne affidata all’impresa della Bonomi in collaborazione con Comolli e Silce, che consegnarono i lavori nel tempo “record” di quattro anni! L’opera ottenuta, è il risultato di una riflessione in ambito architettonico in cui arte e tecnica concorrono al raggiungimento della “forma finita” lenticolare. Ciò che colpisce nel Pirellone è la lunga durata di risposte che non appaiono condizionate dal momento storico in cui sono state formulate. Per questo oggi risulta ancora “moderno”… e proprio oggi la sua unicità si può apprezzare sicuramente ancor meglio. Come sempre è la comparazione a far esaltare in modo convincente i risultati migliori, soprattutto quando di mezzo c’è la bellezza. Basta salire al 31° piano del grattacielo per misurare la distanza abissale che separa il Pirelli dagli altri grattacieli di Milano (e non solo). Tutti gli altri, non solo potrebbero essere collocati altrove ma palesano, in maniera quasi didascalica, la rottura tra struttura e ornamento che segna il panorama internazionale degli edifici alti. Voglio dire che, l’investimento simbolico in fatto di riconoscibilità è tutto incentrato sulle facciate, con ricerche d’identità lasciate alle più disparate bizzarrie compositive. Il primo aspetto che invece colpisce tornando a visitare il grattacielo Pirelli è proprio l’unicità formale e distributiva, la simbiosi forma-funzione che lo contraddistingue e lo rende straordinariamente particolare. La totale identificazione degli elementi strutturali evidenzia il raggiungimento di quel legame imprescindibile tra ingegneria e architettura che fanno del Pirellone uno dei massimi esempi del modernismo e del genio progettuale italiano del secondo dopoguerra.

Curiosità: il Grattacielo Pirelli appare sullo scenario di numerose pellicole del cinema italiano e straniero tra cui il pluripremiato “La vita agra” del 1964 di Carlo Lizzani con Ugo Tognazzi e Giovanna Ralli, “Di che segno sei?” del 1975 di Sergio Corbucci nell’episodio avente per protagonista Alberto Sordi, fino ai più recenti “The International” del 2009 di Tom Tykwer e il notevole docufilm “Il Buco” del 2021 di Michelangelo Frammartino.

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