Mindfulness : il silenzio come dono. Come le scelte quotidiane ci possono far stare bene  o male

Mindfulness : il silenzio come dono. Come le scelte quotidiane ci possono far stare bene o male

Articolo in italiano
di Cristina Belli

“Proteggi la tua mente dal rumore per poter udire il suono della vita” (Thich Nhat Hanh)

“La solitudine per me è una fonte di guarigione che rende la mia vita degna di
essere vissuta. Il parlare è spesso un tormento per me e ho bisogno di molti
giorni di silenzio per ricoverarmi dalla futilità delle parole” (Carl Gustav Jung)

Senza arrivare forse all’eccesso della citazione qui sopra (del resto sono parole di Jung, un genio della psicanalisi, una mente di eccezionale acume), è pur vero che quando si tratta di eccessi, il troppo rumore, ma anche il troppo silenzio non ci fanno bene. Siamo essere sociali, in fondo. Però… Il problema della nostra società odierna non è certamente il silenzio, quindi corre l’obbligo concentrarsi sulla sovrabbondanza di rumori che ci circondano: incessantemente, pervasivamente.

A meno che non viviamo in un luogo isolato, lontano da tutto, ogni giorno assorbiamo una quantità inimmaginabile di informazioni e rumori. Basti pensare alla tv, alla radio, alla musica, e poi ai social media, agli sms, ai cartelloni per strada, ai volantini pubblicitari che ci aspettano sornioni nella cassetta della posta… Mi fermo qui; penso abbiate capito il concetto. Parole e suoni ci raggiungono ovunque. A questo si aggiunge il rumore dentro la nostra testa, il nostro rumore personale: il costante andirivieni dei pensieri e delle immagini, che la riempiono.

Va da sé, quindi, che l’autentica quiete la sperimentiamo raramente, se non addirittura mai. Ma il problema è che invece lo spazio vuoto e il silenzio sono vitali, essenziali. Anche se il silenzio è così poco abituale da spaventarci, ne abbiamo bisogno come dell’aria. Non lo sentiamo come confortevole e sicuro, perché siamo assuefatti al sottofondo costante del rumore. La paura del silenzio la sperimentiamo poiché ci intimoriscono il vuoto, la sofferenza (che può manifestarsi sotto forma di tristezza, rabbia, mancanza di amore e così via) che possono comparire quando tutto tace intorno e dentro. Cioè temiamo quello che emerge dal silenzio. Allora fuggiamo mandando mail, messaggi, wazzapp, condividendo/ricevendo, restando connessi perpetuamente.

Tutti questi suoni, informazioni e stimoli sono “cibo”: ma che qualità ha questo cibo? La mindfulness vuole farci essere più consapevoli di cosa “ mangiamo” e degli effetti che tale cibo ha sulla nostra felicità.

Nel buddhismo ci sono quattro tipi di cibo che ogni giorno consumiamo, i cosiddetti Quattro Nutrienti:

  • Il cibo commestibile, quello che consumiamo con la bocca, che entra nel corpo
  • Il cibo sensoriale, cioè le esperienze che facciamo attraverso i cinque sensi, e che entrano nella coscienza
  • La volizione, cioè la nostra volontà, le preoccupazioni, i desideri; il cibo che nutre le nostre decisioni e azioni. In pratica l’intenzione di fare qualcosa.
  • La coscienza, sia quella individuale che quella collettiva: basti pensare a come siamo influenzati dalla stato d’animo dei gruppi in cui ci troviamo o del periodo storico in cui stiamo vivendo. Nella stretta attualità del momento odierno è facile riflettere su quante informazioni spaventose, paralizzanti ci arrivano dai media, ogni giorno, ogni momento.

Questi cibi possono farci bene o farci ammalare. Nutrirci o intossicarci, a seconda di cosa, quanto e in che modo li consumiamo (ovvero quanto siamo consapevoli). La protezione che abbiamo contro il cibo cattivo è la nostra presenza mentale. La consapevolezza è uno schermo protettivo potentissimo. Non serve altro, nessun grande atto, solo essere qui e ora. Vediamo dunque di approfondire un poco …

Sappiamo, ad esempio, quanto il cibo che mangiamo ci possa far sentire in salute e forti o deboli e stanchi. Spesso, alcuni junk food (i cosiddetti cibi-spazzatura),sono puramente consolatori, cioè li assumiamo perché siamo tristi o arrabbiati (a questo proposito potete rilegger l’articolo sul legame tra mindfluness e cibo LINK), ma se diveniamo consapevoli delle nostre emozioni non li scegliamo più.

Il cibo sensoriale, cioè tutto quello che odoriamo, vediamo, ascoltiamo, tocchiamo e gustiamo è altrettanto importante, perché influenza quello che proviamo.

“Siamo quello che sentiamo e percepiamo.
Se siamo arrabbiati siamo la rabbia.
Se siamo innamorati siamo l’amore.
Se guardiamo un innevato picco di
Montagna siamo la montagna.
Mentre sogniamo siamo il sogno”. (Thich Nhat Hanh)

I nostri sensi sono finestre aperte sul mondo; non possiamo tenerle sempre spalancate su qualsiasi scenario. Non possiamo farci invadere da stimoli che ci inquinano: in poche parole, quando guardiamo brutti o anche solo scadenti programmi tv, un po’ di quella miseria penetra in noi… Lo stesso quando conversiamo con qualcuno: se si tratta di malevolo pettegolezzo, assumeremo l’energia dell’invidia o della cattiveria… Quindi, finestre aperte, ma attenti al paesaggio! Questa è consapevolezza.

La volizione è la nostra intenzione primaria, ci dà uno scopo di vita, è la nostra spinta a realizzare qualcosa che aiuti gli altri e noi stessi. Ma, anche qui, se c’è troppo rumore possiamo prestare l’orecchio al nostro vero desiderio? Possiamo agire con intenzione e cuore? Pensate a quei periodi in cui siete così immersi nel rumore di sottofondo, che poi a posteriori, non vi ricordate nulla di quello che avete fatto. Avrete sprecato settimane, se non mesi, in una sorta di foschia interiore, in cui la vostra volizione si sarà perduta dietro ad atti inconsapevoli.

Infine, la coscienza. Quella individuale non tace mai e anche quando facciamo un “digiuno sensoriale” (cioè spegniamo tutti i devices che ci connettono e distraggono), lei ci parla. Ad esempio, se abbiamo pensieri crudeli, irati oppure di gratitudine e altruismo, la nostra coscienza ci starà dando cibo tossico oppure salutare. Se consumiamo cibo sensoriale (come giornali sciocchi, videogames violenti, conversazioni meschine) che alimenta la negatività della coscienza, quest’ultima continuerà a rivisitare gli elementi tossici che le abbiamo dato, anche molto dopo che avremo interrotto quell’attività. Il motto è: basta innaffiare i semi negativi della coscienza! Scegliamo con consapevolezza.

La coscienza collettiva, poi, è composta da tutte quelle individuali e può essere, anch’essa, distruttiva o curativa. Dal momento che non possiamo cambiare Paese o epoca storica in cui vivere, facciamoci queste domande: da chi ci circondiamo? Da quali tipi di persone siamo influenzati? Quanto spazio diamo loro? Circondiamoci di persone che scegliamo consapevolmente, che abbiano un’energia di calma e compassione. Sempre riferendoci al momento attuale, possiamo scegliere di accendere meno la tv, di non seguire ora per ora i bollettini della curva epidemiologica: in fondo, a cosa ci serve sapere tutti questi numeri? Ci nutre?

Alla prossima (se vi va) e buone scelte!

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